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lunedì 1 novembre 2010

LA BIG PHARMA USA SCRITTORI FANTASMA PER CONVINCERE MEDICI E PAZIENTI....

Traduzione da Current.com di Tatiana Coan

Quando abbiamo un disturbo e andiamo dal medico, ci aspettiamo che venga prescritto un medicinale come cura e che la scelta di questo medicinale venga fatta sulla base di risultati di test effettuati per quel disturbo. Invece, probabilmente non è così.


I medici potrebbero pensare che lo sia, come anche i pazienti, ma il fatto è che le informazioni che i medici ricevono – persino da alcune pubblicazioni che hanno la pretesa di essere state convalidate prima di essere pubblicate - sono spesso solo un prodotto dell’ufficio marketing di Big Pharma.


Questo perché Big Pharma usa “scrittori fantasma” per abbozzare articoli per le pubblicazioni e li fa sottoscrivere a medici considerati luminari come se questi ne fossero gli autori, anche se tutto quello che questi dottori fanno è leggere gli articoli e suggerire modifiche.


Questo fatto venne alla luce alla fine del 2008 quando il Congresso (Parlamento USA ndt) iniziò a interessarsi di questa questione e poi nuovamente venne a galla nel 2009. Fu nel 2009 che il New York Times e la Public Library of Science (PLoS - la Biblioteca della Scienza) ebbero accesso ai documenti usati in una causa legale depositata da più di 14.000 querelanti che svilupparono il cancro al seno mentre prendevano il farmaco Prempro, usato come terapia ormonale per la menopausa.


Il farmaco era prodotto dalla casa farmaceutica Wyeth (poi acquistata dalla Pfizer). La Wyeth utilizzò un’azienda di marketing, la DesignWrite, per redigere articoli e adescare medici luminari per farli comparire come gli autori degli articoli.


Secondo un servizio di PLoS Medicine, la rivista della PLoS, la terapia a base di ormoni iniziò nel 1942. Fu allora che il farmaco Premarin (il predecessore del Prempro) divenne il primo farmaco approvato per il trattamento delle vampate di calore dalla Food and Drug Administration. Sforzi promozionali sostenevano che gli estrogeni potevano preservare giovinezza e salute.


Negli anni 70, i medici, influenzati dall’informazione errata che considerava la menopausa una malattia endocrina simile all’ipotiroidismo, prescrivevano estrogeni a milioni di donne che non presentavano sintomi. Con il 1975 si vide che l’incidenza del cancro all’endometrio nelle donne che stavano usando gli estrogeni era aumentata dell’800 per cento.


Per neutralizzare il cancro all’endometrio, fu aggiunto il progestinico alla terapia sostitutiva ormonale. Questo fu propagandato negli anni 1990 quale cura preventiva per malattie cardiovascolari, osteoporosi, Alzheimer, cancro al colon, perdita dei denti e degenerazione maculare. Ad ogni modo, studi compiuti fino al 2002 hanno dimostrato che la terapia ormonale non era riuscita a prevenire malattie cardiovascolari e aumentava il rischio del cancro al seno, infarto, demenza e incontinenza.


Ancora oggi, nonostante dati scientifici definitivi che dimostrano il contrario, molti ginecologi continuano a credere che i benefici della terapia ormonale siano superiori ai rischi. Questa percezione, che non si basa su prove, potrebbe essere il risultato di decenni di influenza attentamente orchestrata dall’industria sulla letteratura medica, così riporta Plos Medicine.


Plos Medicine sostiene che tra il 1996 (quando il Prempro fu pubblicizzato per la prima volta) e il 2004, la Wyeth collaborò con parecchie aziende di formazione medica e di comunicazione – ma soprattutto con la DesignWrite – per pubblicizzare i prodotti appartenenti alla famiglia del Premarin. Nei suoi comunicati con la Wyeth, la Design Write notò che “la Ricerca mostra un’alta fiducia da parte di medici specialisti sugli articoli di riviste che riportano informazioni credibili sui prodotti”. Quindi, in aggiunta a “articoli recensiti nella versione integrale”, la DesignWrite raccomandò che il piano di pubblicazione per i prodotti Premarin includesse mini-recensioni, resoconti di casi, editoriali, lettere e commenti.


La DesignWrite suggerì che pezzi brevi potevano essere pubblicati velocemente e che erano un efficiente “mezzo per collocare autorevoli informazioni sul profilo terapeutico di un prodotto nelle mani di medici influenti”. L’azienda spiegò anche che avrebbe aiutato la Wyeth sul decidere: quali dati presentare, reclutare “gli autori”, scegliere i giornali, creare estratti e manifesti per convegni medici e “Posizionare il prodotto in modo tale da influenzare i sottoscrittori”.


Poi la DesignWrite redigeva gli articoli – lanciando il farmaco sotto la miglior luce possibile – e lo sottoponeva ai medici per riesaminarlo. I medici che lo avevano passato in rassegna diventavano poi gli “autori”.


PLoS Medicine riporta che non c’é prova che gli “autori” siano stati pagati per l’utilizzo del loro nome.


C’é anche piccola prova che gli autori abbiano fatto di più del solo revisionare l’articolo e che occasionalmente hanno dato suggerimenti sulla revisione.


E’ illegale per le case farmaceutiche promuovere un farmaco pubblicizzato per un uso diverso da quelli approvati dalla FDA. Ma gli articoli nelle riviste mediche, nelle newsletters e nei giornali non sono considerati materiale promozionale e la FDA li considera liberi scambi di informazioni e non interviene. (Comunque, si provi a far passare alla FDA promozioni sui benefici di integratori naturali … o persino di cibi naturali…).


PLoS Medicine scrive che, in assenza di dati (o in presenza di dati contrari ai fini del marketing), gli articoli recensiti nelle riviste mediche sono veicoli cruciali per incoraggiare farmaci off-label (fuori etichetta), promuovendone così i benefici non comprovati, e per minimizzare eventuali danni.


In altre parole, Big Pharma può dire qualsiasi cosa voglia sui benefici di un farmaco o ignorare completamente gli effetti collaterali noti e dannosi fin tanto che questi articoli vengono riportati in giornali medici, newsletters e periodici.


Questo estratto dell’articolo del 4 Agosto 2009 uscito su The Times dal titolo “Documenti Medici di Scrittori Fantasma Promuovevano la Terapia” dimostra come funzionava il sistema:

Nel 2003, un dipendente della Design Write scrisse una bozza di 14 pagine di un articolo; l’autore era nella lista sotto l’abbreviazione “TBD” (to be determined) - che significa “da determinare”. Nel luglio 2003, la DesignWrite mandò la bozza alla Dott.ssa Gloria Bachmann, un professore di ostetricia e ginecologia al Centro Medico Robert Wood Johnson.


 La Dott.ssa Bachmann rispose con un messaggio email alla DesignWrite. “Il profilo é eccellente per come è stato scritto”. Nel settembre 2003, la DesignWrite inviò una mail alla Dott.ssa Bachmann con la prima bozza dell’articolo. Lei dichiarò anche quell’ “eccellente” e aggiunse, “Ho soltanto da fare una correzione che ho evidenziato in rosso”.


L’articolo, quasi una copia testuale della bozza della DesignWrite, fu pubblicato nel 2005 ne “The Journal of Reproductive Medicine”, con la dott.ssa Bachmann che appariva nella lista come l’autore principale. Nell’articolo si descrivevano i farmaci a base di ormoni come fossero il “sistema di riferimento” per il trattamento delle vampate di calore e la dottoressa si dimostrava meno entusiasta per altre terapie.


Nella sezione dei riconoscimenti, si ringraziavano parecchi medici scrittori per la loro “assistenza editoriale”, senza rivelare che quegli scrittori lavoravano per la DesignWrite, che faceva pagare alla Wyeth $ 25.000 per produrre gli articoli.


 La Dott.ssa Bachmann , che ha 30 anni di ricerca e di esperienza clinica sulla menopausa, disse che lei giocò un ruolo importante nella pubblicazione per aver prestato la sua competenza. Lei affermò che la corrispondenza via mail non riflette i contributi che potrebbe aver dato durante conversazioni telefoniche e di persona su incontri.


 “C’era bisogno di revisionare un articolo e dissi: “Sì, riesaminerò la bozza e mi assicurerò che sia accurata” La Dott.ssa Bachman disse in un intervista su Tuesday “Questo è il mio lavoro, questo è quello in cui credo, questo riflette il mio punto di vista”.


In risposta a una domanda di un giornalista, Michael Platt, il presidente della DesignWrite, scrisse che l’azienda “non ha partecipato e non parteciperà alla pubblicazione di alcun materiale nel quale non ha completa fiducia sulla validità scientifica del contenuto, basato sui migliori dati disponibili”.


 Ma, come riporta PLoS Medice, la Design Write aveva un’agenda specifica quale agente di marketing pagato dalla Wyeth, che consisteva in:

  • Mitigare i rischi percepiti del cancro al seno associati alla cura ormonale.
  • Promuovere farmaci non testati e off-label, includendo la prevenzione della demenza, la malattia del Parkison e il peggioramento della vista.
  • Sollevare domande sulla sicurezza e sull’efficacia delle terapie concorrenziali (messaggi competitivi).
  • Difendere i benefici cardiovascolari, nonostante la mancanza di benefici dimostrata da prove cliniche aleatorie.
  • Collocare la terapia ormonale a bassi dosaggi.

Sfortunatamente per più di 14.000 donne, la Design Write ha fatto un buon lavoro. Così ora ci si deve chiedere: “Il mio medico ha scelto il farmaco che sto prendendo sulla base di un pezzo di marketing ben scritto?” E’ probabile che sia così. Poiché ci sono articoli come quelli che spingono i medici a decidere quali farmaci prescrivere ai pazienti.

By Bob Livingstone
FONTE: the living spirits

sabato 25 settembre 2010

CANCRO S.P.A

Gli oncologi si farebbero la chemio?


Dal libro “CANCRO SPA: leggere attentamente le avvertenze prima dell’uso” di Marcello Pamio

Domanda molto importante, perché è giusto sapere cosa farebbero i medici oncologi - quelli che usano ogni giorno i chemioterapici su altre persone - se avessero loro un tumore.

Nel marzo del 2005 al Senato australiano è stata presentata una “Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro”, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St. Leonards di Sydney(1).

Secondo tale inchiesta, alcuni scienziati del McGill Cancer Center di Montreal in Canada, inviarono a 118 medici, esperti di cancro ai polmoni, un questionario per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro applicate, nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia.

Risposero 79 medici e 64 di loro non avrebbero acconsentito a sottoporsi ad un trattamento che contenesse Cisplatino (un chemioterapico molto utilizzato a base di platino). Mentre 58 dei 79 reputavano che tutte le terapie sperimentali in questione fossero inaccettabili a causa dell'inefficacia e dell'elevato grado di tossicità (2)!

Un risultato eclatante: l’81% degli oncologi intervistati, in caso di tumore, non si farebbero somministrare un chemioterapico, mentre il 73% di loro reputano addirittura le “terapie sperimentali inaccettabili per l’elevato grado di tossicità”.

Anche se il numero di oncologi intervistati non è molto elevato, ognuno tragga le proprie conclusioni…

Costi dei trattamenti oncologici
Considerando i due principali strumenti terapeutici nelle mani degli oncologi (chemio e radio), vediamo il costo di un tumore oggi in Italia.

Attualmente sappiamo esserci in Italia 1,7 milioni di ammalati[3] e oltre 270.000 nuovi malati ogni anno (in America ogni anno i nuovi malati di cancro sono 1.372.910 (4).

La conclusione, senza entrare troppo nel dettaglio, è la seguente: il tumore in Italia (solamente tra chemio e radio, escludendo quindi chirurgia, costi di degenza, farmaci vari, apparato medico e infermieristico, i soldi fagocitati dalle industrie per la ricerca, ecc.) è indubbiamente una delle patologie più costose, non solo in termini di vite umane, ma soprattutto dal punto di vista economico.

In Appendice del libro sono stati appositamente pubblicati, oltre una ventina di “bugiardini” di chemioterapici con i loro effetti collaterali devastanti (foglietti illustrativi), anche i costi ufficiali (dichiarati dalle rispettive case di produzione) dei più diffusi chemioterapici in circolazione, per rendersi conto di quello che è stato appena detto.

Un qualsiasi tumore trattato con chemio e radioterapia (ad esclusione della chirurgia i cui costi sono paragonabili a quelli della chemioterapia), costa al Sistema sanitario nazionale svariate centinaia di migliaia di euro.

Un solo paziente oncologico.
Sembra impossibile, ma è proprio così.

Una testimonianza esemplare è stata pubblicata dal settimanale “Gente” poco tempo fa.
Si tratta della vicenda di Gennaro De Stefano, un uomo normalissimo, che nel suo “Diario di un malato di cancro” ha provato a comporre la “lista della spesa” per la sua malattia.

Dopo aver consultato medici e fotocopiato le fustelle dei farmaci, ha messo insieme tutte queste informazioni.

Il suo calvario è iniziato con due interventi chirurgici (biopsia più operazione alla vescica) e una degenza di 22 giorni, per un totale di 30.000 euro[5]

Il primo ciclo di chemio è costato 9.000 euro e 1.500 euro spesi per ogni TAC effettuata[6] (ne ha fatte oltre 20).

«Un ciclo completo di cocktail chemioterapici partiva da alcune migliaia di euro per arrivare anche a 50 mila euro al mese per ogni paziente».[7]

«Durante la chemioterapia, che, com’è noto, fa abbassare i globuli bianchi e quelli rossi (tralasciando la quantità impressionante di medicinali di sostegno per lo stomaco, l’intestino, la fatica, la nausea, il vomito e via cantando), occorre sottoporsi a cure ormonali che aiutino la crescita dei globuli bianchi. Di solito si fanno tre o quattro iniezioni che costano una 1.500 euro, le altre 150 euro ognuna. Arriva poi l’Epo, l’ormone diventato famoso come doping dei ciclisti, che costa dai 500 ai 1.000 euro a iniezione. Di queste bombe ne avrò fatte, fino a oggi, una quarantina».[8]

Ha dovuto eseguire la radioterapia (6.000 euro); un nuovo intervento chirurgico per alcune metastasi (9.000 euro); di nuovo radioterapia, ecc.

Risultato: la Sanità pubblica ha pagato per il sig. De Gennaro, circa 200.000 euro.

Questo che avete appena letto, purtroppo, è l’iter seguito dalla stragrande maggioranza dei malati oncologici.

Moltiplicate questa cifra per il numero dei malati vecchi e nuovi, e capirete dal risultato che forse per qualcuno - e dico forse - non c’è convenienza nel trovare la soluzione definitiva ad una patologia che sviluppa centinaia di miliardi di euro ogni anno in Italia.

Ogni anno la “lobbies del cancro” - solamente con i nuovi ammalati (270.000 persone), e supponendo che tutti entrino nei percorsi terapeutici - movimenta una cifra superiore a 54.000.000.000 di euro.

Cinquantaquattro miliardi di euro ogni anno per un trattamento oncologico.

Se a questi ci aggiungiamo tutte le persone ammalate di cancro oggi in Italia (1 milione e 700 mila), che ripetono i trattamenti, che necessitano di trapianto di midollo, che muoiono nonostante, o per colpa delle terapie, ecc., tale cifra, come detto prima, raggiungerà i centinaia di miliardi di euro.

Pensate all’industria della morte, meglio nota come “imprese funebri”.

Ogni anno sono 162.000 le persone che muoiono per cancro in Italia (dati Istat).

I costi per un servizio funebre privato (pagato dalle famiglie) vanno da un minimo di 2.155 euro (Roma) a un massimo di 3.575 euro (Milano)[9] a persona. Facendo una media più che ragionevole di 3000 euro…il ‘lutto per cancro’ (funerale, epigrafi, fiori, trasporto, organizzazione) sottrae alla società 486.000.000 di euro. Tutti gli anni inesorabilmente.
Pensate nel mondo intero…

Ecco cosa riporta il “bugiardino” (pubblicato assieme agli altri in appendice) di uno dei più usati chemioterapici: la Doxorubicina della Ebewe Italia Srl



DOXORUBICINA
Multinazionale: Ebewe Italia srl
Principio attivo: Doxorubicina
Concentrato per soluzione iniettabile per infusione
Categoria terapeutica: Antracicline

Effetti controindicati:
- Gravi aritmie acute sono state descritte durante o poche ore dopo la somministrazione;
- Una mielosoppressione grave può provocare insorgenza di emorragia e superinfezioni, e costituisce una indicazione alla riduzione o alla sospensione della Doxorubicina;
- Esiste un rischio accertato di sviluppo di cardiomiopatia indotta dalle antracicline e dipendente dalla dose cumulativa;
- Il rischio di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con Doxorubicina persiste per tutta la vita;
- Può potenziare la tossicità della radioterapia e di altre terapie anti-neoplastiche;
- Neoplasie benigne e maligne;
- Il verificarsi di una leucemia mieloide acuta secondaria;
- Il danno del tratto gastrointestinale può indurre ad ulcera, emorragia e perforazione;
- La Doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dell’infusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare un’ulcera grave e necrosi della cute.



SMALTIMENTO: Il personale che manipola la Doxorubicina deve indossare indumenti protettivi: occhiali, camici, maschere e guanti monouso. Tutti gli articoli usati per la somministrazione e la pulizia, inclusi i guanti, dovranno essere posti in appositi sacchi per rifiuti ad alto rischio, per l’incenerimento ad alte temperature.
Le fuoriuscite o le perdite di soluzione devono essere trattate con ipoclorito di sodio diluito che preferibilmente va lasciato agire per tutta la notte e a cui va fatto seguire un risciacquo con acqua.


[1] “Inchiesta sui servizi e nelle opzioni di trattamento di persone con cancro”, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St Leonards di Sydney. www.aph.gov.au/Senate/committee/clac_ctte/completed_inquiries/2004-07/cancer/submissions/sub15.pdf. Parliament of Australia , http://www.aph.gov.au/
[2] Idem
[3] “La prima giornata del malato cancro”, Francesco De Lorenzo TGCom
[4] SEER – Cancer statistics review 1975-2005
[5] “Vi sono costato 200 mila euro”, Gennaro De Stefano, “Gente”
[6] Idem
[7] Idem
[8] Idem
[9] “Vivere o morire…Cosa costa di più?” - Help Consumatori www.helpconsumatori.it/data/docs/dossier_funerali.pdf

FONTE: disinformazione.it